Montanari si nasce o si diventa?

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Il giovane staff del rifugio Angelini. Foto da pagina Facebook Rifugio Angelini Sora ‘l Sass

Rinunciare a un contratto a tempo indeterminato è già di per sé una scelta coraggiosa, ma lo è ancora di più quando appartieni a una generazione flagellata dalla disoccupazione.

È quello che hanno fatto Michela Belloni e Andrea Borotto per prendere in gestione il Rifugio Angelini, più comunemente conosciuto come Sora ‘l Sass.

Se Michela non ha ancora trent’anni, Andrea li ha superati da poco. Michela lavorava per la Coldiretti di Lonigo, mentre Andrea era impiegato amministrativo presso un’azienda del Basso Vicentino. Sono entrambi appassionati di montagna e, forse per questo motivo, hanno iniziato a considerare i rilievi non più come un semplice terreno capace di soddisfare temporaneamente i loro interessi alpinistici, ma anche e soprattutto come uno spazio da abitare. Da vivere.

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«Questo lavoro è davvero particolare – mi spiega Andrea – ogni cosa quassù richiede sacrifici, ma basta alzare gli occhi per sentirsi più vivi e appagati».

Le parole di Andrea mi fanno venire in mente la conclusione di un libro di Enrico Camanni, Storia delle Alpi:

«Il nuovo montanaro porta linfa vitale perché ha deciso liberamente di vivere in un ambiente difficile, spinto da una motivazione etica ed ecologica. È montanaro per vocazione, non per nascita o punizione. Probabilmente sarà l’unico abitante delle Alpi di domani».

Questo post è stato pubblicato da Pietro Lacasella sulle pagine Facebook e Instagram del blog Alto-Rilievo / voci di montagna

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