Tra la pianura e l’alta quota: il paesaggio dimenticato della “Montagna di mezzo”

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L'Alta via del Tabacco nel Canale di Brenta / foto di Maddalena Pagliano

Nell’immaginario collettivo la montagna evoca scenari mozzafiato, la presenza solitaria del turista, ideali di purezza e tradizione, i simboli dell’Edelweiss -la stella alpina-, della piccozza e del cervo insieme all’aquila. Da questo orizzonte di pensiero stereotipato è esclusa una parte di montagna e i suoi problemi sono sconosciuti e ignorati.

Stiamo parlando della fascia altimetrica tra i 600 e 1500 metri – la cosiddetta mezza montagna – e del fenomeno dell’abbandono. Queste terre sono state dimenticate a causa del cambiamento del sistema economico avvenuto nel corso del ‘900 che ha orientato la produzione del settore secondario e l’agricoltura verso una pianura fortemente industrializzata, mentre il turismo verso l’alta montagna e le Alpi.

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Nel libro “Montagne di mezzo” (Einaudi, 2020) del geografo Mauro Varotto si parla esattamente di questa montagna rimossa attraverso un approccio olistico che tiene assieme i concetti di montuosità, criterio fisico, orografico e altimetrico e di montanità che ha invece a che fare con la dimensione antropologica e culturale. 

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Sono i paesaggi terrazzati l’emblema della montagna di mezzo, cioè dello spazio in cui la natura e la presenza dell’uomo si risolvono in un tutt’uno armonioso poiché garantiscono il patrimonio di biodiversità e diversità culturale, nonostante la funzione dei terrazzamenti sia eminentemente produttiva. Questi sono gli stessi paesaggi che ritroviamo nella scenografia della Divina Commedia ambientata in un ciclopico paesaggio terrazzato discendente e ascendente a testimonianza della lunga presenza dell’uomo su quella montagna.

Nell’ultimo secolo i muri a secco sono caduti in rovina, sommersi dall’avanzata della copertura forestale; solo negli ultimi dieci anni si sono sviluppati movimenti di controtendenza con scopi di alleanza, coproduzione, multifunzionalità e solidarietà intergenerazionale. Un esempio è l’associazione “Adotta un terrazzamento in Canale di Brenta”, nata nel 2010 e attualmente presieduta da Cinzia Zonta, il cui obiettivo è aiutare gli amanti della montagna ad occuparsi di terrazzamenti che i proprietari sono impossibilitati a seguire. 

Per entrare nello spirito del trattato geografico di Varotto è consigliata la visita alla piazzola di sosta panoramica situata lungo il percorso dell’Alta Via del Tabacco che si inerpica sul versante terrazzato di Val Verta-Casarette-Col Ventidueore, nella valle del Brenta. In questo punto ci si può sedere su una panchina e interiorizzare il concetto di legame universale con la terra, cioè l’importanza di vedere un possibile futuro non solo nel fondovalle davanti a noi, ma anche alle nostre spalle, sulle montagne di mezzo.

L’Alta via del Tabacco nel Canale di Brenta / foto di Maddalena Pagliano

Un suggerimento utile per approfondire la tematica del libro e la realtà del lavoro contadino di oggi e del secolo scorso nella Val di Brenta è la visione del film documentario “Piccola Terra” di Michele Trentini (2012) e del reportage “Fazzoletti di terra” di Giuseppe Taffarel (1963). Il primo racconta la storia di come e perché diversi personaggi in tempi recenti cercano di ridare vita al paesaggio terrazzato, mentre il secondo mostra la vita logorante di due contadini che, nell’epoca in cui quel paesaggio era ancora utilizzato a fini produttivi, cercano di strappare pezzi di terra coltivabile dal terreno roccioso.

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