Oltre la bellezza: il verde a San Donà di Piave

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Giardino Pluviale a San Donà - foto di Elisa Cozzarini

Giardini pluviali, superfici drenanti, sistemi per la raccolta e il riutilizzo delle acque piovane, boschi urbani… La città del futuro esiste già, in Nordeuropa: Copenhagen, Berlino, Bruxelles, solo per citare esempi che conosco. Da noi ci sono alcune amministrazioni che provano a muoversi in quella direzione, con tenacia e fatica, lentamente. Sono andata a San Donà di Piave per vedere cosa stanno cercando di fare in questa città di circa 42.000 abitanti, in terra di bonifica, cominciando dal verde urbano. Qui, sotto il livello del mare, lungo il fiume Piave (la Piave, al femminile, come dice con affetto la gente del posto), la necessità quando piove è rallentare e dilazionare il deflusso nel tempo. E sempre più, con la siccità, servirà imparare a immagazzinare l’acqua per poterla riusare.

«C’è un salto culturale da fare»: esordisce così Lorenzo Montagner, responsabile del servizio verde pubblico per il Comune. «Le piante in città, da noi, sono ancora viste come un elemento decorativo, estetico, mentre svolgono importanti funzioni strutturali». Gli alberi, d’estate, contribuiscono a mitigare le isole di calore, abbassando la temperatura: chi non corre a parcheggiare sotto le loro chiome? E poi migliorano la qualità dell’aria, catturano la CO2… 

Ma le città italiane non sono state disegnate per gli alberi. Vediamo tronchi che spuntano dal cemento, radici che si fanno strada nei marciapiedi e sollevano l’asfalto, mentre le piante hanno bisogno di spazio per crescere: solo così svolgono al meglio le loro funzioni. A San Donà sono stati fatti alcuni interventi per ridare spazio agli alberi, anche sacrificando qualche parcheggio: eresia, scelta coraggiosissima! E il grande bosco Fellini, ai margini della città, è un polmone verde che continua ad allargarsi con progetti di riforestazione urbana. 

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Non solo alberi: l’amministrazione negli ultimi anni ha lavorato per creare giardini pluviali, depressioni in cui lo strato superiore, ghiaioso, è particolarmente permeabile, con piante resistenti sia alla scarsità di acqua sia agli allagamenti momentanei dell’area. Qui viene convogliata la pioggia, che riempie per un certo tempo la depressione e defluisce nelle successive dieci, quindici ore, evitando di andare a caricare il sistema delle fognature, infiltrandosi invece in falda, con benefici anche per il contrasto della risalita del cuneo salino.

In Italia il consumo di suolo non si ferma mai. La cementificazione rende i suoli impermeabili e fa correre l’acqua rapidamente ai fiumi e al mare, la porta via: il contrario di quello che bisognerebbe fare. Sistemi come i giardini pluviali e le pavimentazioni drenanti rallentano la folle corsa, aiutando così a mitigare il rischio alluvionale. È questione di velocità e di tempo: acque più lente e dilazionate sono più facili da gestire

Parliamo di acqua ma il problema è il suolo, che abbiamo occupato, edificato e reso impermeabile. I bambini della scuola primaria “Marco Polo” di San Donà di Piave lo hanno imparato da piccoli: assieme alle maestre, hanno piantato le essenze che abbelliscono il giardino pluviale sul retro dell’edificio scolastico, alimentato da un sistema di raccolta dal tetto: un progetto realizzato in sinergia con il Comune e l’Università di Padova, Dipartimento Tesaf – Territorio e Sistemi Agro-forestali. Se accanto a ogni edificio si trovasse lo spazio per un giardino pluviale, sarebbe come costruire una grande opera di contenimento delle piene, con beneficio per il paesaggio, l’ambiente, le persone.

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