A Rovigo nasce il Centro studi sugli impatti dei cambiamenti climatici

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Alluvione. Foto di Jonathan Ford / Unsplash

È da poco nato a Rovigo il Centro studi sugli impatti dei cambiamenti climatici (CRITICAL) dell’Università di Padova, grazie anche al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Il centro nasce attorno al gruppo di ricerca del Corso di Studi in Ingegneria per il Rischio Idrogeologico, sempre con sede a Rovigo e che quest’anno inizia il suo terzo anno di attività.

Mitigare il rischio idrogeologico

La Fondazione Cariparo, già sostenitrice del corso di studi, ha rinnovato l’impegno anche per quanto riguardo il centro finanziando l’assunzione di otto ricercatori per i prossimi cinque anni. Il corso, e di conseguenza il centro, si propone di studiare come tradurre le conoscenze riguardo ai cambiamenti climatici in azioni concrete per la mitigazione del rischio idrogeologico.

Manca una progettazione
delle infrastrutture che tenga conto
degli eventi estremi.

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Marco Marani, responsabile di CRITICAL

Marco Marani, responsabile del centro, spiega infatti che «dobbiamo ancora imparare come progettare le opere ingegneristiche (ad esempio gli invasi) in modo che siano a prova di cambiamenti climatici». In sostanza: «è ormai assodato che con i cambiamenti climatici aumentano la probabilità di eventi estremi come piene e alluvioni – continua Marani – Quello che manca è una progettazione delle infrastrutture che consideri anche situazioni di questo tipo».

Uno studio che parte dal Polesine

La posizione in cui nasce il centro è emblematica. Nel polesine, infatti, si è verificata la più grande alluvione del secolo scorso: il 14 novembre del 1951 il Po ruppe gli argini in tre punti verso la foce, distrusse 14 paesi, inondò 700mila ettari, fece più di cento morti e rese 200mila persone sfollate.

Ma lo scopo del centro è quello di studiare soluzioni che siano applicabili anche in altre zone che ne necessitano. Basti pensare all’ingente alluvione che quest’estate ha colpito diversi comuni dell’Emilia-Romagna. I casi della pianura padana sono però solo il punto di partenza per il centro, che mira a creare soluzioni utili anche in altri Paesi.

Marani, infatti, ricorda l’esempio della recente alluvione in Libia causata dalla rottura di due dighe, evidentemente non progettate per eventi atmosferici di questa portata. Il danno economico non è quantificabile e il numero delle vittime è tuttora parziale, seppure già spaventoso. Sono proprio i cosiddetti Paesi in via di sviluppo che subiranno maggiormente le conseguenze dei cambiamenti climatici ed è anche in quest’ottica che nasce il centro: ovvero studiare soluzioni e misure di prevenzione che possano essere applicate in tutto il mondo.

Un approccio interdisciplinare

La mitigazione del rischio non riguarda solo aspetti tecnici e ingegneristici, ma anche quella che Marani chiama la “cultura del rischio”. Ovvero la conoscenza da parte della popolazione civile riguardo alle conseguenze di eventi naturali estremi. Anche per questo il centro studi affronta temi interdisciplinari e dai risvolti molteplici che richiedono uno studio dettagliato e specifico. 

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