Neorurali/5. Meles meles, api e olivi in armonia con la natura

di Francesca Strano Economie In evidenza Verona
8 minuti di lettura
Le arnie dell'azienda agricola Meles meles.
Neorurali è la rubrica di VeZ che racconta storie di giovani che hanno deciso di "ritornare alla terra" facendo dell'agricoltura il proprio mestiere. Giovani che hanno deciso di cambiare un paradigma ormai non più sostenibile, attraverso l'impiego di pratiche agricole rispettose delle stagionalità, della biodiversità e dell’ambiente.

Meles meles è l’azienda agricola di Riccardo e Vittorio Fiorini che unisce la passione per le api e per gli ulivi ad una produzione sostenibile e di qualità nel veronese. Abbiamo intervistato Riccardo per ascoltare la loro esperienza.

Un progetto che rispetta l’ambiente

Dopo un percorso di studi universitari, con una magistrale in agricoltura biologica a Pisa, un tirocinio in un’azienda biodinamica e un’esperienza professionale in agricoltura, Riccardo, trentadue anni, nel 2016 ha deciso di avviare la sua azienda. In questo progetto è protagonista anche il fratello Vittorio, otto anni più giovane, anche lui formatosi in agricoltura biologica cominciando dall’istituto agrario e terminando con tre anni di ITS in provincia di Verona. L’obiettivo fondante dell’azienda, precisa Riccardo, «è fare qualcosa che ci piace e riuscire a produrre alimenti dalle elevate proprietà organolettiche e nutritive in maniera sostenibili», vale a dire alimenti che rispecchino caratteristiche percepibili attraverso organi di senso, come il sapore, il colore o la consistenza, e prodotti nel rispetto dell’ambiente e in sintonia con il territorio locale.

La relazione tra api, piante e essere umano

Avviare un’azienda agricola facendo apicoltura può essere conveniente per chi, come Riccardo e Vittorio, non viene da una famiglia contadina e non ha alcun capitale economico di partenza. Ha permesso loro di avere un prodotto vendibile già dal primo anno e li ha risparmiati dal costo oneroso di macchinari o di immobili che sono previsti in molti altri settori agricoli. Essere apicoltori biologici vuol dire essere sottoposti regolarmente a controlli. Per esempio la tracciabilità della loro cera deve risultare esente da contaminanti chimiche, la postazione degli alveari deve essere in zone non inquinate ed è richiesto l’uso del legno invece che della plastica nell’allevamento.

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La scelta di allevare l’ape mellifera ligustica, una razza tipica dell’Italia centrale-settentrionale, è altrettanto consapevole e attenta: «pur non essendo la razza più selezionata e performante ai fini produttivi, da secoli si è adattata ai nostri climi e quindi ci sembra corretto mantenerla e lavorarci anche solo ai fini di preservarne il patrimonio genetico» ci spiega Riccardo.

Un aspetto interessante dell’apicoltura che emerge dalla conversazione con il giovane apicoltore, è il carattere collaborativo e relazionale tra le api, le piante e i contadini. Si tratta di un allevamento poco invasivo poiché l’ape usa il nettare di una pianta e lo trasforma in un alimento per gli esseri umani, senza interventi di disboscamento o di aratura, per esempio. A ciò si aggiunge l’impronta ecologica positiva data dal ruolo impollinatore dell’insetto che ha la capacità di mantenere la biodiversità vegetale dell’ecosistema.

apicoltore
Riccardo Fiorini al lavoro con le sue api.

Attualmente l’azienda gestisce duecento alveari che si trovano sparpagliati nella provincia di Verona, a chilometri di distanza tra loro. «Concentriamo le api dove stanno bene, ovvero in zone caratterizzate da un’alta biodiversità vegetale, quali possono essere aziende biologiche o parchi naturali. Ma purtroppo il settore biologico è marginale e tali zone rappresentano dei relitti di biodiversità in un paesaggio agrario e ambientale, quello del basso veronese, caratterizzato da monocolture, da un’agricoltura intensiva e quindi incompatibile con gli insetti impollinatori», spiega Riccardo. Inoltre, ci fa notare: «se esistessero più aziende biologiche l’ecosistema in generale ne gioverebbe e noi non saremmo costretti a guidare per chilometri.

Olivicoltura locale e “storica”

L’altra attività agricola dell’azienda dei due fratelli è quella dell’olivicoltura e della produzione, anch’essa biologica, di olio extra vergine d’oliva. Uso delle risorse locali e longevità sono le parole chiavi del loro progetto. Sono partiti dal fare l’olio a livello amatoriale con olivi di parenti, ad avere circa cinque ettari di oliveto e un totale di milleduecento piante, alcune situate presso l’area del Valpolicella e altre sul Garda. Coltivano due varietà di olivo che più si sono adattate al freddo a livello mondiale: Grignano sulla zona del Valpolicella e Casaliva sul Garda. Queste aree sono caratterizzate da «impianti secolari», ossia da terreni storicamente coltivati a olivo, che, a differenza di altre filiere agricole industriali come i vigneti, hanno una durata maggiore «che può superare anche i cento anni, se gestiti bene».

raccolta olive
Vittorio Fiorini al lavoro nell’oliveto.

In linea con la sostenibilità della loro produzione, Riccardo ci spiega anche che grazie ad una lavorazione attenta e curata, l’olio che producono conserva le sue proprietà organolettiche e nutritive in modo naturale e più a lungo, a differenza dell’olio normalmente diffuso sul mercato che tende ad invecchiare in fretta.  Il giovane agricoltore, infine, ci trasmette la sua passione per l’olio extravergine di oliva ricordandoci la centralità che esso gioca nella dieta mediterranea, legata culturalmente anche alle proprietà benefiche che questo prodotto vanta, date dalla presenza di polifenoli che sono antiossidanti per la pianta e di conseguenza anche per l’essere umano.

Le difficoltà dei giovani che ritornano alla terra

Riccardo conclude con una nota amara sull’essere giovani contadini al giorno d’oggi. «Spesso e volentieri i giovani abbandonano il progetto agricolo dopo pochi anni perché la terra e gli immobili sono impagabili, l’accesso al denaro è difficile e i ricavi sono bassi». Aggiunge che «i bandi e le politiche agricole sono conservativi, rivolti a mantenere lo status quo delle grandi imprese» e che non rappresentano realtà piccole come la sua. L’accesso ai bandi è molto ristretto: per acquistare attrezzature necessarie per l’attività agricola il tetto di soldi da spendere è troppo elevato, in quanto concepito per macchinari destinati ad imprese di larga scala.

L’affitto di terreni e magazzini è dispendioso, mentre l’acquisto porta contrarre debiti notevoli. Dopo ben sette anni di vita dell’azienda Meles meles, i due fratelli sono riusciti a comprare il primo terreno; tuttavia, rimangono «un’azienda fluida», la cui fluidità sembra essere sinonimo di precarietà e sovraffaticamento. Riccardo ci ha ricordato una delle motivazioni che ci ha spinti a dedicare una rassegna ai neorurali, ossia quella di dare spazio e voce a giovani contadini che praticano un’agricoltura sostenibile di piccola scala che, per usare le parole di Riccardo, sono «formiche» che mangiano le briciole lasciate dai giganti del mondo agricolo.

Montaggio di riccardo bertoia.

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