Baxi, Pengo e Faresin: quei terreni che fanno gola lungo la SPV

di Saverio Alberini Economie In evidenza Vicenza
5 minuti di lettura
La zona di San Lazzaro, a Bassano del Grappa, vista dall'alto / Fonte: Facebook A.RI.A bassanese

Lavoro o ambiente? La provincia di Vicenza, già al centro della questione con il Tav, si trova ad affrontare il problema anche in altri due casi a ridosso della Superstrada Pedemontana Veneta (SPV). 

Il primo coinvolge l’azienda Baxi, produttrice di apparecchi per il riscaldamento, che ha chiesto al comune di Bassano del Grappa, dove ha sede, di potere ampliare la propria area produttiva. Tramite un accordo con la vicina Pengo, che si occupa della distribuzione di prodotti casalinghi, Baxi andrebbe a utilizzare aree di proprietà di Pengo, la quale a sua volta coglierebbe l’occasione per edificare nuovi capannoni per 73 mila metri quadrati nella zona sud-ovest di Bassano (quartiere San Lazzaro) lungo la SPV. 

A Bassano il consiglio comunale ferma il progetto

Questi terreni, oltre ad essere gli ultimi ad uso agricolo disponibili della zona, sono soprastanti una falda acquifera che dopo una eventuale cementificazione rischierebbe di avere problemi di ricarica. La notizia ha iniziato a circolare in aprile, scatenando una mobilitazione dal basso che ha portato a una raccolta firme, guidata da A.Ri.A (Associazione bassanese per il Rispetto Ambientale), con oltre mille adesioni depositate in comune a inizio luglio.

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Il consiglio comunale di Basano del Grappa del 27 luglio si è espresso in maniera negativa sul progetto Baxi-Pengo, anche grazie all’attrito creato nella maggioranza dal voto contrario di alcuni suoi esponenti. Confindustria Vicenza ha commentato la votazione dicendo che tale decisione rischia di spingere lo stabilimento verso la chiusura e mettere così in scacco 700 lavoratori. Al momento la vicenda sembra aver raggiunto un punto di stasi, da quando i vertici di Baxi hanno fatto sapere, tramite una nota interna, che l’urgenza di espandersi non era così concreta.

Non sono mancate le critiche alla gestione della sindaca Elena Pavan (centro-destra) da parte dell’opposizione, in particolare la consigliera Erica Fontana (Bassano per Tutti) sostiene che di fatto «Baxi si è fatta usare per gli scopi di Pengo» e che «pur riconoscendo l’importanza degli interessi di Baxi, questi non devono comportare la perdita di zone verdi destinabili all’agricoltura». In sostanza, le opposizioni chiedono al più presto l’apertura di tavoli di discussione tra tutte le parti interessate per evitare che “dall’alto” vengano imposte delle scelte con conseguenze tragiche per i bassanesi.

A Breganze nuovi capannoni lungo il fiume Astico

Copione simile per la vicenda che coinvolge l’azienda Faresin, produttrice di carri miscelatori e sollevatori con sede a Breganze. La quale chiede al vicino comune di Sarcedo di costruire un nuovo polo lungo il fiume Astico nelle immediate vicinanze della SPV. L’area, che fino al 2021 ospitava la cava Casoni, è ora destinata a uso agricolo e da mesi il Comitato Villa Capra/Astico No V zona industriale si è mobilitato con una raccolta firme per fare sì che tale ampliamento non avvenga.

Le richieste dei comitati

Oltre alla salvaguardia dell’ambiente il comitato ha a cuore anche lo sviluppo socio-economico e, infatti, sostiene che il problema sia «edificare su una zona agricola, anziché su una delle tre zone preposte individuate dal Piano di Assetto del Territorio Intercomunale  nei comuni di Breganze, Montecchio Precalcino, Sarcedo».

In seguito alle mobilitazioni dei cittadini il comune ha definito delle linee guida per le nuove edificazioni, che però soddisfano solo in parte le associazioni. Come sostiene Maura Mocellin, presidente di A.Ri.A (Associazione bassanese per il Rispetto Ambientale): «Le nuove linee guida del comune lasciano spazio a nuovi insediamenti, mentre la nostra richiesta è che vengano riqualificate aree non agricole come quelle già individuate dal PATI».

Appare chiaro che l’occupazione e la salvaguardia ambientale non debbano essere i poli di una scelta mutuamente esclusiva ma possono – anzi debbano – essere coniugate per garantire i diritti ai lavoratori che sono, prima di tutto, cittadini dell’ambiente in cui vivono.

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