Neorurali/3. Smarties.bio, ricerca genetica a tutela della biodiversità

di Alice Carollo Economie In evidenza Venezia
7 minuti di lettura
Luca Bertaggia e Andrea Ghedina, fondatori delll’azienda sementiera Smarties.bio. Foto pagina Facebook di Smarties.bio
Neorurali è la rubrica di VeZ che racconta storie di giovani che hanno deciso di "ritornare alla terra" facendo dell'agricoltura il proprio mestiere. Giovani che hanno deciso di cambiare un paradigma ormai non più sostenibile, attraverso l'impiego di pratiche agricole rispettose delle stagionalità, della biodiversità e dell’ambiente.

Nelle campagne di Chioggia due giovani professionisti e imprenditori – Luca Bertaggia, 31 anni e Andrea Ghedina , 35 – hanno fondato nel 2019 l’azienda sementiera Smarties.bio, dove recuperano, migliorano geneticamente e commerciano in tutto il mondo sementi di ortaggi di varietà autoctone locali quasi sempre trascurate dalle grandi multinazionali.

L’obiettivo è quello di salvaguardare l’enorme biodiversità orticola italiana coniugando tradizione e innovazione e rendendo queste varietà adatte alla commercializzazione in un mercato sempre più esigente. Non solo, l’attività di ricerca genetica che Luca e Andrea portano avanti rivolge lo sguardo anche all’agricoltura biologica e all’agricoltura indoor o cosiddetta vertical farming, due settori in costante crescita.

Passione radicchio

La loro azienda, che vanta anche le certificazioni bio e ogm free, è nata dopo otto anni di impegno, in cui Luca e Andrea dopo la formazione universitaria in ambito agrario hanno lavorato come colleghi in alcune aziende agricole per la costituzione delle prime linee genetiche di ortaggi selezionati.

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Seppur giovane come i suoi titolari, oggi l’attività conta diversi dipendenti e una struttura principale dotata di laboratori, macchine per la pulizia e confezionamento dei semi, uffici, cella frigo, banca del germoplasma, un impianto vivaistico e ben tre ettari e mezzo di fondo. Il loro prodotto di punta? Da bravi veneti, senza dubbio le coloratissime varietà di radicchio – al momento più di 30 – che hanno hanno attratto l’interesse anche del New York Times.

Come nasce una linea genetica migliorata

Il lavoro dietro alla selezione di una singola linea genetica di una varietà di ortaggio da “salvaguardare” e diffondere è lungo e complesso: «In media impieghiamo dai 2 ai 7 anni per produrre le prime sementi di una linea genetica migliorata. Tutto inizia con una donazione di un primo campione di semi, spesso da orticoltori privati che fino a quel momento si sono fatti custodi di quella varietà di ortaggio tipica del loro luogo di provenienza, per poi procedere a uno studio sulla genetica specifica della specie.

Spesso le linee genetiche di varietà locali sono disomogenee e di difficile reperibilità, oltre che soggette ad alcune malattie. Una volta fatto questo si passa alla coltivazione in campo per individuare le piante migliori, che poi ricoltiviamo e su cui iniziamo a lavorare con diverse tecniche di miglioramento genetico, che per quanto ci riguarda sono sempre quanto più “naturali” possibili. Impolliniamo mediante l’ausilio di insetti impollinatori, malvolentieri forziamo la pianta a fare qualcosa» racconta Luca.

L’azienda sementiera Smarties.bio a chioggia. Foto pagina Facebook Smarties.bio

Tramite l’impollinazione incrociata si ottiene una popolazione migliorata, che andiamo poi a coltivare nuovamente in campo per verificare che i miglioramenti sperati ci siano effettivamente stati, questi possono essere di diverso tipo a seconda della varietà: croccantezza, colore, gusto, resistenza alle malattie o alle diverse condizioni climatiche, etc».

Il risultato sono sementi di prima qualità che vengono vendute ad agricoltori, vivai e anche produttori domestici: «Sin da subito abbiamo voluto rendere i nostri prodotti accessibili anche ai piccoli orticoltori con confezioni di semi anche molto contenute perché vogliamo che tutti siano partecipi di questo nostro percorso».

Uno dei nostri obiettivi è impedire
la perdita di biodiversità

Luca Bertaggia e Andrea Ghedina, fondatori di Smarties.bio

Un processo che i due giovani titolari ripetono con passione ogni giorno e che affiancano ad un costante lavoro di analisi di mercato: «Ovviamente questo tipo di processo crea una grande esposizione finanziaria – sottolineano – quando inizi a lavorare su una varietà non sai con precisione se e tra quanti anni otterrai dei risultati. Per questo prima di intraprendere ogni singolo progetto c’è un’approfondita ricerca di mercato e un business plan dettagliato: cerchiamo di capire quanto di quella varietà viene consumato oggi e se potrà crescere o meno in futuro. A volte ci è capitato di dover abbandonare o non iniziare proprio un progetto di selezione, sia per una questione di mercato che per complessità del lavoro da portare avanti. Quando succede ci piange il cuore perché la perdita di biodiversità è un problema enorme e uno dei nostri obiettivi è impedirla, in questi casi selezioniamo comunque un campione di semi da tenere nella nostra banca del germoplasma».

Gusto Italiano Project

Un altro fattore fondamentale per la riuscita del progetto Smarties.bio è la comunicazione, il creare una “vetrina” del prodotto autoctono per favorirne la diffusione al di fuori del suo territorio: «Uno dei prodotti che ci è letteralmente esploso in mano è il Broccolo Fiolaro di Creazzo, prima semi sconosciuto e che oggi invece ci richiedono da tutta Italia».

Luca e Andrea sono particolarmente bravi in questo: grazie alla collaborazione con alcune reti statunitensi, il loro progetto di salvaguardia della biodiversità è approdato anche oltreoceano con il nome “Gusto Italiano Project”, contribuendo così a far coltivare e apprezzare quelle prelibatezze italiane autoctone ingiustamente tralasciate dalla grande distribuzione internazionale. Se un giorno magari vedremo sulle tavole dei ristoranti di tutto il mondo il radicchio variegato “Acquerello” o la Verza Moretta San Zeno, il merito sarà anche di Luca e Andrea e del loro importante lavoro di tutela e salvaguardia.

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