Città a 30km/h, il Veneto è pronto?

Cartello zona 30 km. Foto Giulio Todescan

In seguito alla decisione di Bologna di imporre al 70% delle strade urbane il limite dei 30 km orari si è riacceso il dibattito attorno a questo tipo di iniziative. In Veneto se ne parla già da diverso tempo e la sensazione è che nel futuro questa tendenza andrà ad aumentare.

Ridurre il flusso di automobili

Ma cosa si intende quando si parla di “città 30”? Bologna può veramente dirsi tale dopo aver abbassato i limiti di velocità in gran parte del suo territorio? In realtà è un po’ più complicato di così, ma gli esempi di cosa si intenda con questo modello iniziano ad essere diversi. Infatti, sono diverse le città europee (Berlino, Barcellona, Parigi, …) che stanno modificando la viabilità delle loro strade in modo da garantire più sicurezza e valorizzare gli utenti più vulnerabili ovvero ciclisti e pedoni. Dietro al modello “città 30” c’è la convinzione che le città non debbano essere progettate per massimizzare il flusso di automobili, ma che piuttosto debbano diventare dei luoghi in cui che i cittadini possono vivere in maniera più sicura e socievole. 

Diminuire gli incidenti stradali

Abbassare il limite di velocità è solamente il primo passo verso una “città 30”, le misure che vengono implementate in seguito variano a seconda del contesto urbano: vanno dall’allargamento dei marciapiedi e delle piste ciclabili alla creazione di nuove zone pedonali con panchine ad alberi (come nel caso dei “superblocchi” a Barcellona). Le città italiane sono state costruite prediligendo il traffico di automobili e, vista la tendenza sempre in aumento dei morti e feriti sulla strada, un cambio di modello sembra necessario. I dati dimostrano chiaramente che nelle città in cui sono state implementate misure di questo tipo l’utilizzo dell’automobile è calato significativamente e di conseguenza sono diminuiti gli incidenti stradali.

- Sostieni VEZ -
Ad imageAd image

Quali misure nei capoluoghi veneti?

In Veneto le amministrazioni hanno iniziato a muoversi con calma ma già da diversi anni. A Treviso e a Vicenza le zone a velocità ridotta risalgono rispettivamente al 2014 e 2015, però sono limitate alle aree centrali o residenziali e non sono previste misure di altro tipo per incentivare la mobilità leggera. Mentre a Padova sono già 55 i chilometri nei quali vige il limite dei 30 e verranno estesi su gran parte del territorio, l’amministrazione ha inoltre programmato una cospicua estensione della rete ciclabile, che nonostante le criticità che presenta, muove in direzione della sostenibilità. 

Esempio più virtuoso è quello di Verona dove le zone 30 hanno già prodotto effetti positivi per quanto riguarda il calo degli incidenti stradali, inoltre vi è in progetto di istituire una “strada gronda” ad alta percorrenza per alleggerire il traffico attraverso i quartieri di Verona sud e contestualmente riqualificare lo spazio urbano del centro in modo da favorire il naturale rallentamento delle automobili.Dopo il caso di Bologna però, il Ministero dei Trasporti ha pubblicato una direttiva che rischia di rendere più difficile l’implementazione delle zone 30.

Le critiche

Da destra a da sinistra arrivano le critiche degli amministratori veneti, i quali sostengono di avere maggiore competenza, rispetto al MIT, su quali siano le zone delle loro città a necessitare di tali misure. La direttiva sembra quindi essere più che altro di carattere politico e, più gravemente, di ignorare quelli che sono i dati positivi frutto di anni di sperimentazione (in Europa e in Italia) del limite urbano di 30 km orari. Piaccia o meno il modello “città 30” salva vite e non allunga i tempi di percorrenza, per questo sta diventando così popolare tra le amministrazioni locali che, da questo punto di vista, si dimostrano più lungimiranti di chi gli sta sopra.

Sostienici

VeZ è un giornale indipendente, puoi sostenerlo effettuando una donazione.

Gli ultimi articoli

ARGOMENTI: , ,
Condividi questo articolo

Sostieni VeZ

Aiuta l’informazione giovane e indipendente a crescere.