Centraline dall’impatto insostenibile, la Cassazione boccia 5 progetti nel Bellunese

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Un torrente di montagna. Photo by Paul Imanuelsen / Unsplash

È una sentenza che potrebbe segnare un punto decisivo a favore della tutela dei corsi d’acqua, quella pronunciata nei giorni scorsi dalla Cassazione, che ha posto la parola fine a cinque progetti di centraline idroelettriche sui torrenti Federa, Ru Bosco e Bigontina, Sarzana e Liera.

I giudici hanno dato ragione alla Provincia di Belluno che, applicando la Direttiva Derivazioni nel corso dell’iter autorizzativo, aveva già bocciato le richieste delle società richiedenti, venendo poi coinvolta in una serie di ricorsi che sono durati anni.

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Innovativo e a suo modo storico il principio enunciato: con questa sentenza le Sezioni unite della Cassazione hanno infatti sancito che i criteri della Direttiva derivazioni hanno valore scientifico e la loro applicabilità non è quindi legata temporalmente all’entrata in vigore della norma, ma può essere adottata anche nei confronti delle istanze presentate in precedenza. Così come hanno fatto i tecnici della Provincia di Belluno, che nel bocciare le cinque centraline per i danni che avrebbero recato ai corsi d’acqua si sono visti riconoscere il fatto di aver agito correttamente.

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I progetti

La questione specifica riguarda i progetti di realizzazione di impianti idroelettrici sui torrenti Federa, Ru Bosco e Bigontina a Cortina, sul Sarzana a Voltago Agordino e sul Liera a Canale d’Agordo. Su questi si è pronunciata la Cassazione. Restano ancora da definire, sempre in Cassazione, i giudizi sugli impianti idroelettrici sul Boite e sul Digon.

I proponenti avevano chiesto il rilascio delle concessioni di derivazione d’acqua a scopo idroelettrico e avevano successivamente impugnato il parere negativo di compatibilità ambientale di competenza regionale e il diniego concessorio che è invece di competenza provinciale, fondati sull’accertamento di un possibile deterioramento dei corpi idrici interessati dal progetto.

I ricorsi

La Provincia aveva ritenuto che dovesse essere applicata la Direttiva Derivazioni (delibera 1 del 14 dicembre 2017 della Conferenza istituzionale permanente dell’Autorità di Bacino delle Alpi Orientali), che fissa quattro macro obiettivi: tutela ambientale, approvvigionamento dell’acqua potabile per i cittadini, approvvigionamento per gli altri usi economici, riduzione delle conseguenze delle inondazioni e della siccità.

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E con delibera del luglio 2019 – a seguito anche di un’ampia analisi condotta da un gruppo di lavoro di esperti – aveva deciso che la valutazione ambientale delle derivazioni idriche di propria competenza dovesse essere riferita alla Direttiva anche per le istanze pendenti oggetto di impugnativa.

La sentenza

In questi recenti pronunciamenti la Cassazione ha enunciato un principio innovativo: non è l’applicabilità della norma a essere rilevante, quanto piuttosto l’applicabilità della metodologia individuata dalla Direttiva Derivazioni, che non è soggetta a limiti temporali in quanto considerata come il miglior strumento tecnico di valutazione del rischio ambientale.

Il commento

«Un lavoro di anni da parte dei nostri uffici che ora finalmente viene riconosciuto», commenta il presidente della Provincia, Roberto Padrin. «I nostri funzionari, con grande impegno e determinazione, hanno applicato correttamente i criteri della Direttiva. Le sentenze della Cassazione pongono fine a una questione annosa nella quale la Provincia di Belluno ha sempre cercato di tutelare il bene acqua e il patrimonio ambientale e paesaggistico, come previsto dalla normativa».

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